Renzi, il Piano Casa e i fascisti alla ribalta

Scritto per il mensile La Fonte – Periodico dei terremotati e già pubblicato su l’anguilla

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Da mesi ormai il nostro Premier non ha pace, ovunque si sposti nel nostro stivale ci sono contestazioni ad attenderlo: a novembre, solo in una settimana Padova, Parma, Bologna e Cosenza. Ovunque si contesti la politica di attacco alle classi meno abbienti attuata da questo governo, per chi prova a manifestare un fermo dissenso a queste politiche scellerate, si palesano solo polizia, carabinieri, manganelli e lacrimogeni.

Ma torniamo a qualche mese fa.

A Maggio è stato approvato il Piano Casa di Lupi che prevede nell’art. 5 la revoca della residenza ed il distacco delle utenze per le occupazioni abitative e nell’art. 3 la svendita del patrimonio di edilizia popolare e lo sgombero dei cosiddetti “abusivi”.

A Roma, attraverso la riappropriazione degli immobili vuoti o invenduti, i Movimenti per il diritto all’abitare da anni rispondono concretamente all’emergenza abitativa, che nella Capitale è una problematica quantitativamente rilevante. Infatti, oltre 650.000 sono le richieste per la casa popolare, anni di attesa per le assegnazioni e affitti insostenibili; dall’altra parte oltre 250.000 immobili lasciati vuoti e più di 5.000 nuclei familiari che hanno trovato una soluzione a questa situazione negli stabili occupati.

Tante di queste persone sono di origine straniera. Tantissimi sono richiedenti asilo. Per legge avrebbero diritto all’accoglienza, tra cui è prevista una sistemazione abitativa. Nella pratica, la maggior parte dei richiedenti asilo viene “ospitata” nei centri di accoglienza di varia natura che rispondono tutte ad una logica speculativa, infatti si tratta di strutture che le prefetture appaltano a cooperative sulla base di bandi di gara al ribasso, in cui vince l’ente che promette la gestione al minor prezzo.

Coloro che non vogliono vivere in queste strutture o se ne vedono esclusi per la cronica carenza di posti, spesso decidono di risolvere il problema in autonomia partecipando alle occupazioni.

Su di loro l’art. 5 del Piano Casa pesa ancora di più in quanto in assenza di residenza si preclude la possibilità di ottenere i documenti e di avere accesso al lavoro. Senza residenza, sia ai migranti che agli autoctoni, si nega il diritto ad accedere ai Sistemi Sanitari Regionali o a procedere con le iscrizione scolastiche: in pratica si è tagliati fuori dai servizi di base, dai più elementari diritti e dalle uniche possibilità di reale integrazione nel tessuto sociale.

L’impossibilità di accedere alle utenze, inoltre, rende ancora più difficile la quotidianità di chi si trova già a dover affrontare molti ostacoli, in gran parte per colpa delle Istituzioni locali e nazionali completamente assenti.

L’art. 5 del Piano Casa non affronta il problema dell’emergenza abitativa ma anzi criminalizza e penalizza chi trova soluzioni legittime in una pratica considerata illegale.

L’art. 3 prevede, invece, la dismissione di alloggi di ERP (edilizia residenziale pubblica) già prevista dal Governo Berlusconi nel 2008. Gli alloggi vengono offerti con diritto di prelazione agli inquilini ma, come si è sempre riscontrato nel caso di procedimenti analoghi, in mancanza di prelazione dell’inquilino l’alloggio viene venduto al privato. Ma questo non è l’unico limite di provvedimenti di questo tipo perché anche se gli introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica il patrimonio complessivo si impoverisce inevitabilmente, anche perché gli standard per le nuove costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio. Per gli inquilini delle case popolari questo significa ancora più precarietà e ancora meno diritti. Inoltre, a causa dell’intasamento delle liste d’attesa per le assegnazioni delle case, molte famiglie risultano “abusive” negli alloggi e il Piano Casa prevede per loro lo sgombero immediato con la conseguente chiusura degli alloggi.

A Milano in questi giorni si è concretizzato ciò che Lupi intende per “diritto all’abitare” con la disposizione da parte della Regione di 200 sgomberi. Dove si sono verificati gli sgomberi, effettuati ovviamente con l’intervento della forza pubblica, ci sono state cariche violente e manganellate e gli immobili requisiti sono stati resi impraticabili (distrutti gli impianti dell’acqua e della luce, distrutti i sanitari, lastrate e murate porte e finestre).

A fronte di circa 10.000 case popolari lasciate vuote e meno di 5.000 “occupate abusivamente”, la Regione di Maroni decide di sgomberare e cedere gli immobili all’Aler (azienda lombarda edilizia residenziale) che si occuperà dell’alienazione degli stessi.

Questo processo, che a Milano si vede accelerato dalla necessità di “pulizia” in vista di Expo 2015, evento che vede tra le fila dei promotori innumerevoli indagati, a Roma sta prendendo piede più lentamente ma con lo stesso meccanismo. Nei quartieri popolari e periferici della Capitale e non solo, l’emergenza abitativa si fonde con la precarietà lavorativa e la disoccupazione crescente, con la fortissima carenza di servizi (trasporti, sanità, scuole fatiscenti) e con il completo abbandono da parte delle istituzioni che riguarda italiani e stranieri nello stesso modo.

Su tutte le televisioni in questi giorni abbiamo sentito parlare di Tor Sapienza. In questo quartiere a 13km dal centro di Roma si trova un’enorme complesso di case popolari (per il quale è prevista la vendita), un centro d’accoglienza per rifugiati e minori non accompagnati e due campi rom.
Soprattutto a queste ultime due realtà si sono attaccati coloro i quali intendono cavalcare per fini elettorali una rabbia sociale che si sta riversando nelle periferie e non solo: Lega Nord e Casa Pound, neo alleate per le prossime elezioni.

Questi due partiti (di cui uno dichiaratamente neo fascista) insieme a Fratelli d’Italia e Forza Nuova (che non hanno bisogno di presentazioni) stanno provando a spostare l’attenzione sul tema dell’immigrazione, cercando di orientare verso xenofobia e razzismo il disagio vissuto da chi si sente da anni abbandonato da qualsiasi Istituzione.

Insomma, da una parte c’è un premier che ha come base sociale di riferimento imprenditori, lobby e banchieri che finanziano il partito con cene da 1000 euro e che nega qualsiasi dissenso: dalla contestazione sindacale e non al Jobs Act, alle resistenze contro il Piano Casa, passando per le manifestazioni studentesche contro l’ennesima riforma scolastica (“La buona scuola”).
Dall’altra parte (o forse è la stessa?!) ci sono Lega Nord e neo fascisti che, insieme a campagne mediatiche attuate da tutti i media mainstream, criminalizzano lo straniero, l’ ”occupante”, il rom, i “centri sociali” e così via, spostando l’attenzione dalle responsabilità reali a capri espiatori più deboli e precari.

Non si può ignorare lo stretto legame tra queste situazioni in quanto l’attacco che stanno subendo lavoratori, giovani precari, classe media impoverita e ceti meno abbienti va di pari passo con l’avanzamento delle destre estreme ed istituzionali che provano a riempire lo spazio lasciato vuoto dal governo e dalle Istituzioni tutte, con sentimenti di odio e risentimento. Spetta a noi, alla nostra sensibilità, osservare criticamente ciò che succede e provare a difendere e sostenere le resistenze che oggi queste categorie sotto attacco mettono in campo.