Due inviti: il primo è a ripensare il nostro sistema economico drogato e marcio, e a considerare la crisi come una possibilità, un’opportunità che apre ad un cambiamento creativo. Il secondo è a partecipare al seminario sul debito che si terrà il 6 settembre a Termoli, con Francesco Gesualdi, allievo di Lorenzo Milani, esperto di economia e precursore del consumo critico in Italia.
di Roberto De Lena (prossimamente in uscita sul numero di settembre de l’anguilla)
Sono un ribelle, mamma … così cantavano gli Skiantos attraverso la voce del compianto e indimenticabile Freak Antoni. In quel testo, scritto nel 1987, riecheggia, ironicamente e con un certo sarcasmo, ormai solo l’eco di quel sentimento, la ribellione, praticato così diffusamente nel decennio precedente. Gli anni ’70, come sappiamo, furono infatti attraversati da pulsioni forti e radicali di cambiamento totale delle relazioni sociali, dei corpi politici e delle istituzioni a difesa dell’ordine costituito. Senza rinunciare all’ironia e alla creatività, ingredienti fondamentali per ogni ricetta che si proponga di invertire lo stato attuale delle cose, propongo di reinterpretare quel pezzo musicale all’insegna di un nuovo ritornello: sono un fallito, mamma … La mia tesi, infatti, è che superata la stagione delle lotte e consolidatasi l’era della società dello spettacolo, oggi ci troviamo a piè pari immersi nella società del fallimento.
Intanto, il nesso tra società dello spettacolo e società del fallimento non va letto come netto e lineare, ma come un nesso, un collegamento, appunto: assistiamo, cioè, ad una spettacolarizzazione quotidiana del fallimento stesso, della crisi, attraverso l’uso distorto, impaurente e mistificatorio che di essa ne fanno i media globalizzati. Quello che qui chiamo fallimento, lo si sarà inteso, è ciò che quotidianamente ci viene propinato sotto la categoria della crisi. A tal proposito, sarà utile sottolineare che il termine crisi (come ogni fenomeno umano, d’altronde) ha almeno due accezioni: può essere inteso come una rottura, un collasso traumatico, una caduta, ma porta al suo interno anche la dimensione della possibilità, dell’opportunità, del potenziale cambiamento creativo. Lo stesso dicasi del fallimento.
È lapalissiano, ognuno di noi è andato e andrà nel corso della sua vita incontro a fallimenti piccoli e grandi. Fallimenti di carattere affettivo e relazionale, determinati da una società che si fa sempre più globale, liquida e virtuale, nella quale la precarietà lavorativa e la precarietà esistenziale rappresentano due facce di una stessa, e talvolta drammatica, medaglia. Fallimento dei corpi di mediazione sociale, dai partiti politici ai sindacati fino al parlamento e alle sue istituzioni che, oggi più che mai, non rappresentano più nessuno né certo tutelano le categorie maggiormente vulnerabili. Fallimento di un sistema economico drogato e marcio fino al midollo, che provoca emarginazioni e disperazioni, rende invivibile il pianeta utilizzandolo come se fosse una mega-discarica, nel contempo costruendo paradisi artificiali per il piacere dei pochi (ap)profittatori di turno.
Diciamocelo pure, serenamente (come direbbe il non eletto presidente del consiglio): il fallimento è una buona categoria per interpretare lo spirito dei tempi attuali. Ma reinterpretare un ritornello, vuol dire assumersi la responsabilità di cambiare il significato dell’intera canzone. Credo, infatti, che, se desideriamo uscire dalla spirale perversa nella quale ci ritroviamo abbindolati, dobbiamo avviare una campagna di rivendicazione del fallimento; costringere i nostri rappresentanti a dichiarare default significherebbe aprire le possibilità per immaginare e praticare un nuovo modello di società, contro e oltre il capitalismo e le sue istituzioni. Il futuro è tutto da immaginare, la crisi può diventare anche un’opportunità.
È per discutere di questo, per approfondire la questione e sviscerarla nelle sue molteplici sfaccettature, che rivolgo un invito ai lettori: partecipare il 6 Settembre al seminario sul debito che si terrà a Termoli, con Francesco Gesualdi, presso i locali della chiesa del Sacro Cuore dalle ore 15 alle 19. È una rara occasione di formazione collettiva, finanche immeritatamente ospitata da una cittadina, la nostra, troppo spesso segnata da un panorama culturale, politico e sociale a tratti davvero desolante.
Io credo che quella sarà la giusta occasione per discutere sul come invertire la rotta della Concordia Europa, per esplorare ipotesi concrete di un altro esistente, per cominciare a riscrivere insieme il testo dell’intera canzone, con la stessa creatività ed il sorriso che contraddistinguono, ieri come oggi, i ribelli di ogni parte del mondo.
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