Una psicologa, un cavallaro, un agronomo deluso dall’agricoltura convenzionale, si incontrano grazie a tre asinelli e da lì nasce un progetto ambizioso, che inizia a prendere forma giorno dopo giorno, l’idea di una fattoria sociale, che oggi è luogo di incontri, di crescita, di trasformazione. Tra passeggiate, incontri, laboratori, letture, lavori nell’orto, con la loro associazione DIVERSESSERE e con tutti gli altri ‘diversesseri’ incontrati lungo il cammino, si impara a (ri-)scoprire il valore di un territorio ricchissimo e di una natura che se lavorata nel modo giusto può educare, curare, e trasformare. Contro la passività del “che ci posso fare io”, Angelica ci racconta che il cambiamento è a portata di mano, anzi è adesso.
(tratto dal numero di luglio de l’anguilla)
di Angelica Ciafardini
Avevo un asino da piccola ma non me lo ricordavo.
Era l’asino che i miei nonni hanno tenuto nelle campagne di Trivento fino al lontano 1986. È ricomparso nella mia mente una mattina ad Introdacqua, un paesino dell’aquilano nel cuore d’Abruzzo, al centro Asinomania dove ero andata per iniziare un corso di Onoterapia.
Sinceramente non so spiegare la vera ragione del perché fossi li. Sono una psicologa, quasi psicoterapeuta ad un esame dal titolo, lavoro con i bambini e gli adolescenti nel mio studio privato e in un ambulatorio di pediatria e fu proprio il pediatra con cui lavoro, nel 2010, ad includermi in un progetto di fattoria sociale che doveva aprire in provincia di Chieti. Mai sentito parlare fino ad allora di fattorie sociali, nel giro di una settimana dalla proposta mi ero iscritta ad un corso di un anno per imparare a curare il disagio mentale con l’aiuto della natura e di un animale, l’asino. Mi veniva da ridere a pensarci ed è solo per questo che avevo accettato, solo perché già l’idea di lavorare nella natura con gli animali mi faceva sorridere e stare bene. Mi piace pensare che non è il caso a guidare le cose ma che tutto ciò che accade ha un senso e una ragione intellegibile più o meno, sta di fatto che mi sono ritrovata coinvolta in pochi giorni in un’avventura che mi ha cambiato la vita che non avevo pianificato e nemmeno mai pensato. Doveva essere un corso ed insegnarmi solo una tecnica e invece quella mattina, quel muso peloso, caldo e curioso che ci aspettava affacciato al recinto, ha risvegliato una memoria lontana, ha stappato il vaso dove avevo riposto ricordi e immagini e l’emozione è stata tanta.
La familiarità di quel contatto e il potere evocativo di quelle sensazioni hanno modificato un presente aprendo un canale, una connessione essenziale con le radici del passato.
Da quel momento hanno iniziato ad estendersi le ramificazioni del mio futuro.
Abito in città, se così si può chiamare San Salvo, comunque in un posto in cui gli unici animali superstiti sono cani, gatti e pesci rossi, topi, passeri e criceti, dove un asino forse non si vede dal ’54, e vivo in un appartamento. Non potendo tenere un asino in giardino ma desiderando provare quello che imparavo e riprovare quella piacevole sensazione di pace che mi pervade quando affondo la faccia nel pelo spesso del dorso di quell’animale, ho dovuto emigrare, valicare il confine e il “non caso” ha voluto farmi ritornare nella mia terra di origini, il Molise, la terra dei miei antenati. A Montenero di Bisaccia c’era un tipo, un certo Daniele Marino, appassionato escursionista che ha percorso, accompagnato dal suo cavallo, i sentieri ed i tratturi che si snodano nel vasto ed incontaminato territorio Molisano ed Abruzzese. Cavallaro storico per passione, amante della natura e dall’animo sociale, quest’uomo aveva tre asini in una casetta lungo il Tratturo Centurelle- Montesecco. L’ho cercato, l’ho trovato, abbiamo parlato tre ore, siamo usciti di casa amici e con centinaia di parole in meno in bocca perché spese a condividerci storie e sogni. Abbiamo iniziato così a collaborare, con le sedute di Onoterapia, i bambini e le famiglie.
Ogni settimana, per due giorni, la fattoria diventava luogo di cura per bambini feriti. Luogo di sorrisi e giochi per combattere isolamento, ansia e tristezza. Il luogo in cui sperimentavo il potere terapeutico della natura e scoprivo l’intimo legame tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. Il teatro naturale in cui la mia anima si riconciliava con il suo passato e trovava mano mano il suo spazio nel tempo presente. Il contatto con l’asino mi ha riportato in campagna, lontana dal rumore e dalle tante cose, sulla terra dove l’eco delle mie origini rurali e triventine ha iniziato a riverberare sempre più forte. Il legame con la terra, Mosè, Nanà e Rosetta (i nostri asini) e Daniele con i giorni si è condensato in una idea. Perché andare a lavorare in una terra non mia? Perché fare 60km ogni giorno, stressandomi e inquinando per fare quello che stavamo già facendo così bene qui?
Abbiamo iniziato a lavorare un piccolo orto. Ai bambini piaceva molto, si divertivano e imparavano tanto, collaboravano, erano orgogliosi di loro stessi e del loro lavoro, andavano via stanchi ma contenti. E i loro problemi erano meno pesanti, tutto migliorava più velocemente del solito. Abbiamo visto come il lavoro nella terra, il contatto con gli animali, la presenza costante dell’”altro” sono stati facilitatori di un processo di guarigione e crescita. Abbiamo compreso grazie alle loro esperienze il valore sociale dell’agricoltura e abbiamo capito che quella era la strada che volevamo percorrere, la vita che volevamo fare. La nostra era già una fattoria sociale. Era una fattoria un po’ piccola ma con i cancelli aperti ad accogliere amici, curiosi, volontari improvvisati e pazienti bambini.
Dopo un anno di attività il “non caso” ha fatto tornare in Molise anche Maurizio, figlio di Daniele, studente deluso dall’agronomia universitaria, con in mente il progetto di avviare una piccola azienda agricola a “modo biologico suo”. Dal suo arrivo l’orto è diventato una meraviglia. Sono comparsi bancali a disegnare la terra, aiuole profumate, frutti rigogliosi, cumuli di compost, un allevamento di lombrichini, fiori e paglia… tanta paglia!
La tempistica della vita è perfetta, l’universo ha un ordine impeccabile nel sistemare ogni cosa al suo posto e a noi non mancava più nulla per fare un altro passo verso il cambiamento. Il tempo passato in campagna da allora è stato sempre di più. Il ritmo lento del lavoro agricolo e le risposte della terra hanno modificato abitudini e percezioni, le passeggiate con gli asini alla scoperta di un territorio devastato dall’agricoltura chimica e convenzionale, fatto di distese di campi arati senza l’ombra di un albero, nemmeno arbusti a riparare le formiche, ci hanno spinto a cercare un posto più sano, più verde e originario, più ricco di biodiversità. Abbiamo girato nella terra di confine, la Valle del Trigno, per un anno quasi alla ricerca di un posto che potesse contenere la portata del nostro immaginario. Il “non caso” ci ha riportato a Montemitro (piccolo comune del basso Molise abitato da una comunità croata di 350 anime, paese di origine di Valeria, madre di Maurizio) su un terreno situato lungo il tratturo Ateleta- Biferno, a 2 km dal fiume Trigno, adagiato nella vallata che separa da Montefalcone. In quel terreno abbiamo trovato un bellissimo casolare in pietra, una vecchia stazione di posta che si racconta essere sempre stato luogo di incontri e feste rurali, tanti ulivi centenari e una natura incolta da anni di emigrazione e abbandono. Un posto perfetto da riabitare e far rifiorire. Abbiamo allora steso un progetto pensando a come quel posto traboccante di vita poteva trasformarsi in un’opportunità per più persone di scoprire e vivere la natura e di presidiare il territorio per conservarlo. Abbiamo pensato di costruire spazi coltivati ad uso sociale e adatti ad essere lavorati anche da persone con disabilità fisica. Abbiamo pensato di coltivare e lavorare i prodotti della terra con persone che altrove trovano difficilmente posto e mal si adeguano alla competitività e di creare un marchio che li contraddistingua. Grazie all’amiciziacon Alfonso Pascale siamo entrati nella logica e nella rete delle fattorie sociali. Abbiamo richiesto e ottenuto un finanziamento per l’adeguamento della struttura e per organizzare tutto questo e i lavori sono iniziati.
Aspettando la ristrutturazione del casale, abbiamo continuato il lavoro a Montenero con i bambini e gli asini. Il problema era diventato tenere fuori i fratellini e i genitori, tutti curiosi e rapiti dal clima dolce e silente della campagna in ogni stagione. Il desiderio di accoglierli assicurandoci la possibilità di non incorrere in guai e la voglia di condividere le nostre conoscenze organizzando incontri ed eventi che creassero socialità e diffondessero la cultura del cambiamento, del rispetto della natura, della sostenibilità ambientale, dell’agricoltura sana e rispettosa, dell’alimentazione consapevole, ci ha portato nel 2012 a generare DIVERSESSERE un’associazione di promozione sociale.
La terra ci ha insegnato molto della vita e ci ha cambiato, ci ha reso diversi, più sporchi e disordinati ma migliori. Ci ha legato in maniera più salda e definitiva alla vita, ci ha dato benessere e abbondanza in cambio di cura e rispetto. allora il nome dell’associazione contiene in sé già il messaggio, l’obiettivo è essere diversesseri in un mondo di tanti uguali perché “questo è il sistema e ormai non si possono cambiare le cose”… Se questo mondo sporco non ci piace la colpa è anche un po’ di ognuno per cui con l’associazione lavoriamo innanzi tutto per aumentare la consapevolezza del nostro peso nella determinazione degli eventi,per scoprire che la nostra esistenza è solo una parte della grandiosa natura che ci circonda, convinti che questa consapevolezza promuove il ridimensionamento dell’antropocentrismo e il vero cambiamento. L’associazione ha spacciato cultura e trasformato la terra in cibo insieme a tante persone più o meno abili, più o meno adulte, ha costruito forni in terra, letto libri, camminato a passo d’asino e raccolto erbacce spontanee. Ha raccontato un territorio nel piatto e nel bicchiere con prodotti fatti con le mani, ha tramandato conoscenze e segreti di pratiche alternative. Ha coltivato una terra e tessuto una rete di contatti con altri Diversesseri sparsi per tutta Italia.
A distanza di tre anni dall’inizio di questa storia, siamo al punto in cui a Montemitro stiamo impiantando un frutteto con varietà autoctone recuperate dall’”Arca Sannita”, abbiamo iniziato il reimpianto di arbusti che favoriscono lo sviluppo della biodiversità e il proliferare di insetti utili, abbiamo seminato grani antichi, Saragolla e Cappelli, con l’aiuto di Paolo Di Luzio dell’AIAB Molise con lo scopo di recuperare semi e conservarli biologici, orzo sempre biologico con il professor Salvatore Ceccarelli1 per contribuire al suo progetto di “miglioramento genetico partecipativo”, abbiamo avviato i lavori nell’orto progettato con la DEAFAL ONG 2. Il nostro lavoro agricolo parte dalla cura della terra e segue i principi del’agricoltura organica. Nei prossimi mesi partirà un progetto di collaborazione con la cooperativa sociale “il Mosaico” che cura il reinserimento lavorativo degli utenti del Centro di Salute Mentale di Termoli. La comunità di Montemitro ha accolto la nostra presenza e la nostra proposta dimostrandosi generosa nel regalarci tempo, terre da coltivare in condivisione, conoscenze storiche, culinarie e culturali.
Tutto sembra funzionare, tutto scorre con la lentezza della natura. Abbiamo molto da fare e ne siamo contenti. Andiamo avanti, lentamente, con la caparbietà e la pazienza propria dei nostri amici asini. Camminiamo per strade difficili, lastricate di burocrazia inutile che toglie risorse ed energie preziose, di danni al territorio a volte irreparabili, di dimenticanze imperdonabili di una storia più che mai ora utile.
Ma ne vale la pena.
Futuro arcaico e contemporaneità (cit. cumpà Angelo)
Angelica, Daniele e Maurizio ringraziano di cuore tutti quelli che in ogni modo hanno contribuito alla realizzazione di questa storia.
Il cambiamento è ora.
1 http://www.agriparma.it/allegato.asp?ID=822943
2 Deafal, Delegazione Europea per l’Agricoltura Famigliare di Asia, Africa e America Latina,
è una ONG accreditata al MAE, riconosciuta dalla Regione Lombardia e accreditata al Comitato Cittadino per la Cooperazione Decentrata del Comune di Roma. Costituita nel 2000 ma operativa in maniera informale dal 1998, è nata per rappresentare in Italia e in Europa comunità di agricoltori famigliari brasiliani e successivamente la Red Nacional Mujeres Rurales, organizzazione messicana di donne contadine. Deafal realizza le sue attività principali nella cooperazione internazionale in America Latina (Messico e Brasile) e in Africa (Rwanda) e di educazione allo sviluppo in Italia. Da alcuni anni Deafal collabora con Máshumus, evoluzione del gruppo COAS, un collettivo di tecnici latinoamericani che svolge attività formative per agricoltori e professionisti sui vari aspetti dell’agricoltura biologica. A seguito della collaborazione tra Deafal e Máshumus iniziata in Messico nel 2008, nell’autunno del 2010 Jairo Restrepo ha realizzato in Italia un mese di incontri, conferenze e seminari per tecnici e produttori. Da questa esperienza Deafal ha avviato un progetto di sperimentazione di campo e di affiancamento tecnico con alcune aziende italiane. Questo progetto è basato sulla rigenerazione dei suoli con tecniche innovative come la riproduzione di microorganismi, la preparazione di ammendanti e biofertilizzanti e l’analisi qualitativa dei terreni e degli alimenti attraverso la cromatografia. Principali obiettivi di Deafal sono il rafforzamento socio-economico dell’agricoltura famigliare, la diffusione dell’agricoltura biologica e lo scambio di conoscenze e buone pratiche tra le esperienze produttive dell’America Latina e dell’Europa. Dal sito: http://www.agricolturaorganica.org/deafal-ong/
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