Perché comprare ciliege cilene d’inverno o pomodori prodotti con l’uso di sostanze chimiche dannose? La grande distribuzione ha schiacciato i piccoli produttori, ingrassato le multinazionali e ridotto le persone a consumatori passivi. Ma un’alternativa esiste già…
dal numero di luglio de l’anguilla, di Nicoletta Radatta*
Per riuscire a produrre un cambiamento che abbia qualche rilevanza sugli attuali equilibri sociali, ambientali ed economici è necessario essere in tanti. Questa è una constatazione di cui tutti siamo consapevoli, tuttavia è altrettanto vero che, per cambiare ciò che non ci piace, bisogna attivarsi in prima persona, dando forma alle proprie idee attraverso un comportamento coerente, in linea con le nostre convinzioni. Queste due premesse conducono alla logica conseguenza che modificare ciò che non ci piace nel nostro piccolo è già un passo in più verso la direzione del cambiamento. Questo vale in qualsiasi ambito e vale ancora di più quando parliamo di un gesto semplice, scontato e apparentemente innocuo come quello di fare la spesa.
Non è lo stesso andare a comprare all’interno di un centro commerciale anziché farlo in un piccolo negozio; come non è lo stesso andare a mangiare in una catena di fast food anziché in un ristorante o agriturismo. La prima differenza lampante è che nei primi casi io non ho modo di sapere in quali tasche andranno a finire i miei soldi; mentre, invece, nel caso di piccole attività, siano esse commerciali che di ristorazione, io sono in grado di sapere chi sto finanziando e sostenendo economicamente. Identico discorso vale per i prodotti che decidiamo di acquistare: da quelli alimentari a quelli di abbigliamento, dalle calzature ai prodotti di igiene personale; è superfluo ricordare nel caso del tessile e delle calzature dove si trovino i laboratori di confezione delle marche più blasonate (Bangladesh, Viet Nam, Corea) e quanto sia (sotto)pagata la manodopera, in molti casi infantile.
Piccola distribuzione organizzata significa rapporto diretto tra chi produce e chi consuma; significa concordare insieme prezzi equi per chi acquista e dignitosi per chi produce; significa garanzia di qualità e una logistica più razionale, evitando a ciliegie e fagiolini migliaia di kilometri di strada.
Fare la spesa dei generi di prima necessità come pasta, frutta, verdura e olio extra vergine di oliva da produttori che conosciamo personalmente è un atto dalle molteplici ricadute positive: per la nostra salute, per l’economia locale e per l’ambiente. Sapere dove e come è stato prodotto un pomodoro è fondamentale per un’alimentazione sana e consapevole. Sapere che è stato prodotto senza l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi è garanzia di qualità e di genuinità. Sapere che è stato prodotto a pochi passi da casa nostra significa che l’impatto ambientale di quel prodotto è pari a zero; non come le ciliegie del Cile che devono imbarcarsi su una nave, attraversare un oceano, sbarcare al porto, essere caricate su un tir per poi arrivare nei supermercati e, solo dopo migliaia di kilometri (e quanti giorni?) sulle nostre tavole. Comprare frutta e verdura che arrivano dall’altra parte del mondo implica un pesante rincaro dei costi -quindi impatto per le nostre tasche – produce inquinamento – quindi impatto per l’ambiente – ma soprattutto mortifica i produttori locali e l’economia del territorio. Qualcuno obietterà che a dicembre in Italia le ciliegie non ci sono, ma ci sono arance, mandarini, kiwi, cachi, mele e pere, ovvero frutta di stagione che fa bene alla salute, al nostro portafogli e all’ambiente. La Natura, nella sua perfezione, ha differenziato frutta e verdura in abbinamento con le stagioni, ossia in linea con le esigenze nutrizionali del nostro organismo. In altre parole, c’è un motivo se l’anguria è un frutto tipicamente estivo, perché in quel periodo in nostro corpo ha bisogno di liquidi.
Fare la spesa non è un gesto banale, ma un gesto con profonde ripercussioni. Cambiare il nostro modo di fare la spesa significa assumerci le nostre responsabilità, praticando una vera e propria forma di resistenza: nei confronti di un sistema che sta schiacciando i piccoli produttori, per favorire le multinazionali che gestiscono la grande distribuzione; nei confronti del pensiero unico e omologato dei centri commerciali che hanno svuotato le nostre piazze e appiattito le domeniche delle famiglie con bambini.
Con la piccola distribuzione organizzata possiamo sperimentare in piccolo ciò che vogliamo realizzare in grande.
L’esperienza dei GAS
Dal 20 al 22 giugno si è svolto a Collecchio (PR) l’incontro nazionale dell’economia solidale, dove si sono dati appuntamento gruppi di acquisto solidale (GAS) provenienti da tutta Italia. In nord Italia quella dei GAS è una realtà consolidata, che ha già festeggiato i primi 20 anni di acquisti responsabili. Il loro funzionamento è semplice: diverse famiglie o persone decidono di fare acquisti collettivi e responsabili, scegliendo piccoli produttori che vivono di agricoltura e della trasformazione dei loro prodotti. Così quelli che inizialmente sono contatti, poi si trasformano in vere e proprie relazioni di fiducia tra chi vende e chi compra. Un modo semplice per sottrarsi alla logica della grande distribuzione e del cibo plastificato che ci propinano al centro commerciale. Un piccolo atteggiamento, ma dal grande impatto economico, sociale e ambientale.
Economico perché con la mia spesa contribuisco a mantenere in piedi una realtà produttiva che mi garantisce un prodotto sano, genuino e di stagione. Sociale perché così si intreccia una vera e propria rete di relazioni fatta del rapporto personale diretto, delle visite in azienda e delle vacanze all’interno di realtà agricole comprensive di agriturismo. Ambientale perché si eliminano gli inutili e dannosi doppi e tripli imballaggi, perché non vengono utilizzati pesticidi chimici di sintesi che inquinano i generi alimentari e l’acqua e perché i fagiolini raccolti al mattino a pranzo sono già sulle nostre tavole, senza percorrere migliaia di kilometri.
Piccola distribuzione organizzata: una scelta consapevole anche per il futuro dei nostri figli.
*Centro Studi Alto Vastese e Valle del Trigno
Commenti recenti