“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.”
Siamo alle solite. Ancora una volta la repressione colpisce i più deboli della città. La sera di sabato 27 Luglio, a distanza di meno di una settimana da un episodio simile, è avvenuto l’ennesimo raid a danno di migranti che commerciavano sul corso principale di Termoli. (Questa volta vigili urbani, armati, non contenti di sequestrare le merci e metterli in fuga, si sono lanciati all’inseguimento tra i vicoli). Ogni estate periodicamente assistiamo alla persecuzione di persone e gruppi, la cui unica colpa è quella di cercare una possibilità di sopravvivenza all’interno di una società che esclude sempre le categorie più disagiate.
Dagli ambulanti in spiaggia a quelli per il corso, fino ai senzatetto nei giardinetti o alla stazione, “gli ultimi” vengono sempre percepiti dalla stampa, dalle istituzioni e da certa parte dell’opinione pubblica, come un pericolo, definiti “degrado”. Facile bersaglio, capro espiatorio per chi crede che il problema sia un giovane straniero che vende occhiali da sole per strada, e non un modello ingiusto di integrazione che costringe queste persone ai margini del sistema economico e sociale.
Il meccanismo è sempre lo stesso ed è quello che presiede al funzionamento delle democrazie della maggioranza: escludere ed etichettare il diverso, il sovversivo, il povero, il migrante appunto. In pratica assistiamo alla creazione fittizia del nemico esterno o interno per coagulare il maggior numero di persone intorno ad un senso chiuso di comunità, sviando così l’opinione pubblica dai nodi materiali che la crisi economica pone nella quotidianità delle nostre vite.
Invocare legalità davanti a queste situazioni significa solo agire con superficialità sulle conseguenze di un (non) problema, ignorandone le cause strutturali che ne sono all’origine. Qual è l’idea di città che vogliamo costruire? Una città aperta alle differenze che stimola processi positivi di accoglienza o una comunità spaventata e ignorante che ghettizza il diverso? Una città vivace e colorata, che si lascia arricchire e stimolare dal confronto con le altre culture o una comunità escludente e violenta che si arrocca nella cittadella fittizia di una falsa identità, magari costruita intorno al mito presunto della termolesità? In definitiva, una città aperta e solidale o una comunità chiusa e violenta?
Con questo comunicato intendiamo esprimere da un lato la nostra contrarietà ad ogni atteggiamento, istituzionale e non, di avversione e violenza nei confronti dell’altro, nelle sue molteplici sfaccettature. Dall’altro ci consideriamo complici e solidali dei migranti, e di quanti vivono sulla loro pelle le conseguenze di uno stato di cose ingiusto e discriminatorio. Invitiamo, nello stesso tempo, tutta quella parte di cittadinanza termolese, attiva e sensibile alla questione, a prendere apertamente posizione e a schierarsi in prima persona controogni gesto di violenza ed intimidazione al quale dovessero assistere nelle strade della nostra città.
Collettivo “i mazzemarille”
per adesioni e contatti: imazzemarille@insicuri.net
facebook: collettivo “i mazzemarille”
Hanno aderito:
Osservatorio sulla repressione
Fondazione Lorenzo Milani ONLUS
Associazione Fa.C.E.D
Paolo Marinucci, consigliere comunale
Marcella Stumpo, insegnante
Officine e Laboratori permanenti del movimento Rivoluzione democratica
Partito della Rifondazione Comunista, Termoli
Commenti recenti