Apprendiamo dai giornali dei giorni scorsi dell’arrivo di circa cento richiedenti asilo e rifugiati presso l’hotel Modena a Termoli, nota struttura alberghiera locale situata nel cuore del lungomare Nord. Con queste righe intendiamo proporre alcune considerazioni per contribuire al dibattito che si è aperto nella nostra cittadina in merito alla questione.
Innanzitutto, e prima di ogni altra cosa, un benvenuto! Un benvenuto ai fratelli e alle sorelle migranti, viaggiatori coraggiosi in cerca di futuro e di speranza. Siamo certi che la Termoli aperta e solidale, quella composta dal variegato mondo di associazioni laiche e cattoliche, di operatori sociali, volontari, singole persone che quotidianamente lavorano per la costruzione di altre possibili realtà, saprà predisporsi virtuosamente all’incontro con questi fratelli stranieri. Siamo infatti convinti che dall’incontro con l’altro, dal confronto dialogante con culture diverse, non possano che prodursi cambiamenti che arricchiscono tutta la società e, nel nostro caso, per quella fetta di popolazione composta dai cosiddetti cittadini. Da coloro, cioè, che molto semplicemente hanno accesso alla cittadinanza, requisito alla base del riconoscimento di ogni diritto in uno stato democratico, e del rispetto dei correlati doveri.
I migranti che giungono nel nostro territorio sono in cerca anche di questo: di uno stato che finalmente li riconosca soggetti di diritti e di doveri, che permetta loro di costruire una vita degna lontano da guerre, povertà, discriminazioni. Sappiamo tutti che il contesto socioeconomico nel nostro paese è disastroso: per questo si tratta di comprendere che le emergenze sociali (disoccupazione, vecchie e nuove povertà, casa) si risolvono solo nella cooperazione tra chi la crisi la subisce, italiano o straniero che sia. È a partire da questa centrale consapevolezza che esprimiamo sdegno e sconforto nei confronti di chi, nostri concittadini, nei giorni scorsi ha manifestato senza vergogna le sue più profonde pulsioni razziste, oggi, in una società inter-etnica come la nostra, più antistoriche che mai.
È per lo stesso motivo che riteniamo indispensabile il superamento di questo modello emergenziale di gestione del fenomeno migratorio, i cui effetti, molto spesso, si riducono all’esplosione di tensioni sociali e alla speculazione, al profitto di pochi sulle spalle dei migranti. E dalle prime informazioni che abbiamo, anche il caso di Termoli rientrerebbe in questa tipologia di gestione, dove degli imprenditori con poca o nessuna esperienza di attività nel sociale si accaparrano grandi centri e appalti da centinaia di migliaia di euro.
È per questo anche che chiediamo alle istituzioni di coinvolgere nell’accoglienza di queste persone associazioni e individui che in città già si occupano di sociale, perché la struttura del Modenese non diventi un ‘parcheggio’, o peggio un ghetto slegato e isolato dal resto degli abitanti di Termoli.
Siamo abituati a pensare globalmente ed agire localmente: sappiamo cioè che, in un mondo globale, capita che le contraddizioni sistemiche si concentrino in nodi territoriali. A Termoli e, più in generale, in Molise, stiamo assistendo esattamente ad un fenomeno del genere. Molto semplicemente: questioni che fino a poco tempo fa credevamo lontane da noi arrivano ad interessare anche la nostra piccola e periferica regione. Saremo, siamo in grado di affrontare il portato di tali sfide, di attrezzarci materialmente e culturalmente per comprendere i problemi enormi che il nostro presente ci schiude innanzi agli occhi e costruire insieme possibili alternative? Nel caso specifico, per costruire ponti e non mura, inte(g)razioni e non discriminazioni? E nel caso pensassimo di non esserne in grado, cosa aspettiamo a metterci al lavoro per riuscirci? La domanda è aperta, e interroga le coscienze di ognuna e ognuno di noi, soprattutto di coloro aperti e disposti al dialogo e alla convivenza meticcia.
Oltre a volerci impegnare direttamente perché i nuovi arrivati possano sentire il calore e la vicinanza della Termoli solidale, abbiamo deciso anche di lanciare una campagna di comunicazione virale sui social network, alla quale ognuno può aderire liberamente pubblicando la propria foto con un proprio pensiero e con l’hashtag #Termolinondiscrimina.
Agli altri, ai razzisti e ai rancorosi di ogni sorta, suggeriamo invece di lasciarsi curare o di emigrare a loro volta: nella società conviviale che intendiamo costruire non c’è posto per gente così!
Marco Cataldo, per Rap (Rete per l’autorganizzazione popolare) Molise
Antonio De Lellis, per Fa.C.E.D. (Famiglie contro l’emarginazione e la droga)
collettivo “i mazzemarille”
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